MARIANNE MIRAGE
e il coraggio di Caterina Caselli

Milano, 27 gennaio 2017

Un invito all’ascolto in una saletta del centro con succo di mele, biscotti a forma di cuore e la cura verso la musica, sembra letteratura romantica d’altri tempi ed invece Caterina Caselli (patron dell’etichetta discografica Sugar) lo fa ancora e l’incontro di oggi con Marianne Mirage, in gara tra le nuove proposte al prossimo Festival di Sanremo  è la replica (pubblica) di quello avvenuto 2 anni e mezzo fa. Quello in cui “la signora” ha conosciuto per la prima volta la ragazza ruvida e bellissima che ci racconta perchè va a Sanremo nonostante 4 indizi su 5 la vorrebbero fuori luogo. E’ bello sentirle dire: “Mi sento così diversa“, perchè chiunque abbia mai provato questa sensazione sa quanto dolore costi il rispetto assoluto di sè e delle proprie idee.

Come si fa con i figli allevati con la massima cura, la Caselli ci spiega il perché della sua attenzione. Marianne è un’autrice (anche se la canzone di Sanremo è stata scritta dall’accoppiata Bianconi Kaballà) ed è anche assolutamente atipica. Racconta che si deve investire tanto in un progetto se si vuole vederlo sbocciare e nonostante tutto non è detto che funzioni. Mi permetto di farle notare che lei è rimasta una delle poche a spendere tutta questa pazienza e questo tempo. Sorride, non guardo gli altri, aggiunge. E poi mi racconta che Sugar lavora ancora per la carriera e non per trovare un brano. Si usa tutto il tempo che serve come dei veri artigiani della musica. Io, innamorata sempre di più.

Marianne Mirage sorride felice: “Mi sento figlia del mondo. Canto in italiano ma con uno  stile estetico che ricorda l’estero. Mi piacciono il soul, il jazz e il blues. Non ho ascoltato tanta musica italiana, anche se ho sempre amato Conte, ma lui è Jazz. Oggi mi trovo all’Ariston a scontrami con il pubblico vero. E amo avere un retaggio internazionale da mostrare a un pubblico italiano che non è solito a questi ascolti…Marianne Mirage è un nome d’arte, al secolo Giovanna Gardelli. Marianne è simbolo di libertà e il miraggio terribilmente evocativo. Ricordo ancora, quando mi sono presentata con questo nome d’arte, il grande stupore attorno a me. Un nome bisogna saperlo portare. Ho sempre pensato che sul palco bisogna essere altro rispetto a quello che si è nella vita”.

E in questo può sicuramente averla aiutata lo studio al centro sperimentale che allena ad essere attori: Ho passato il mio tempo a piangere per giorni e giorni. La sera per riprendere la mia felicità suonavo jazz in un locale sui Navigli a Milano dove un ragazzo che lavora in Sugar mi ha notato e presentato alla Signora con la mia chitarra e la mia voce. Ho i denti separati, i capelli ricci, mi piacerebbe che passasse il concetto che la bellezza non è nella perfezione (e il mio totalizzatore dei punti sale;-)…Sanremo non era nei miei pensieri. Molti vedono il Festival come l’inizio della carriera, io invece l’ho sempre pensato come un consolidamento. Colgo per cui questa importante occasione per presentarmi con tutta la mia verità. Ho passato tanti anni all’estero a suonare e a vivere sui divani e a guadagnare poco. Ho iniziato a 16 anni. Tornando dall’Inghilterra mio padre mi ha imposto di finire gli studi. Non rimpiango affatto di essermi laureata in storia e filosofia. Bellissimi anche i corsi di fotografia, una passione che tengo per me. Colgo insomma l’opportunità di farmi vedere da molte persone con una casa discografica che mi permette di rimanere me stessa. Questo purtroppo non accade ai ragazzi che sono costretti a passare dai Talent, che spesso non possono raggiungere la forma che si erano prefissati. E comunque oggi il mio percorso mi ha portato a riconoscermi nella musica italiana”.

Al  festival Marianne Mirage presenterà un’atipica canzone dal titolo Le canzoni fanno male, scritta da Francesco Bianconi e Kaballà: “Mi sento molto uomo in questa canzone.  Sono giorni che giro vestita a lutto come Juliette Gréco perché sento che questa canzone mi sta dando questo tipo di energia maschile più disillusa nei confronti dell’amore anche se vorrei chiarire che questa non è una canzone contro l’amore, anzi.”

I suoi genitori non la raggiungeranno a Sanremo: “Non hanno mai avuto la pretesa di vedermi salire su un palco. Sono emozionati ma io ho chiesto loro di non venire perché sono troppo indipendente e voglio essere totalmente autonoma. Va detto che da mio padre ho ereditato totalmente la passione del viaggio. E’ pittore  ed era soprattutto un velista. Aggiustava barche a vela e poi doveva riportarle ai proprietari e quindi io e mia madre lo accompagnavamo e stavamo in viaggio anche mesi. Da lì la mia passione per la solitudine. Mia madre mi ha trasmesso la sensibilità della fisioterapista che lavora con bimbi colpiti da handicap fisici anche gravi”. 

Davanti a noi accenna alcuni brani chitarra e voce (brava vera), ricorda il duetto con Low Low in Io ti ammezzerei (da ascoltare) e ricorda che sono sue le canzoni che ha deciso di pubblicare in un EP che accompagnerà il suo debutto sul palco dell’Ariston: “Le canzoni fanno male”, “Un’altra estate”, “L’ultima notte”, “In tutte le cose” e “Corri” tratta dalla colonna sonora del nuovo progetto per la tv di Pupi Avati “Il fulgore di Dony” 

Tutto quello che racconto è autobiografico e ha a che fare con quello che sento e infatti anche il brano di Sanremo è come se l’avessi scritto io anche se non è mio, perchè parla di me. Non ho una tecnica di scrittura, a volte nasce prima la musica, a volte le parole. Di solito nascono insieme e in inglese o in francese. Il mio grande lavoro infatti è l’adattamento in italiano anche se spesso il significato cambia. Corri, ad esempio, in inglese è Slowly, in italiano il suono è simile anche se il significato è contrario”. 

Ascoltiamo le canzoni e la salutiamo, la prego di aver cura di sé e di non spaventarsi della sua diversità, ricordandole che Carmen Consoli a Sanremo fu subito eliminata con Confusa e Felice. Buona fortuna Marianne, spolvera a lucido il cuore e buttalo in faccia al pubblico. Non si resiste alla verità.

Paola Gallo ©

 

 

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