LEVANTE: Vera fuoriclasse
NEL CAOS DI STANZE STUPEFACENTI

Milano, 2 aprile 2017

Ho ascoltato e già quasi consumato di curiosità Nel Caos di stanze stupefacenti in uscita il 7 aprile. Di Levante ho amato molto anche il disco precedente Abbi cura di te dove riusciva a sublimare di poesia il lutto per la perdita del padre con un Biglietto per viaggi illimitati di struggente bellezza e con un featuring con la madre in Finchè morte non ci separi.           In verità è stato colpo di fulmine da Alfonso, perché quel “che vita di merda” era la cosa più forte, sincera e meno volgare che avessi sentito nelle canzoni di quella stagione. Orientarsi nel suo caos per me non è difficile anche perché le sue parole accendono la luce, anche quelle pronunciate durante la presentazione del disco alla stampa.

Claudia è una ragazza con gli occhi che bruciano, una bambina che vorrebbe crescere fuori e dentro il perimetro di sé e scrive canzoni, per sua stessa ammissione, proprio perché sono la comunicazione migliore con l’esterno. E nonostante le risposte arrivino precise, lucide e chiare, la parte che le riesce più naturale è sicuramente quella con la chitarra in una furente Io ti maledico. Ma lo scudo di protezione le serve sempre meno. Nel 2015 alla presentazione di Abbi cura di te aveva suonato molte più canzoni ed erano state la parte preponderante dell’incontro con i giornalisti. Questa volta ci guida orgogliosa nelle stanze della sua nuova casa. Il caos è necessario perché arrivi nuda e crudele tutta l’essenza di sé, luci ed ombre. Le faccio notare che sono poche le autrici che usano un linguaggio così diretto e lei ammette <<In effetti sono un po’ meno vaporosa delle mie colleghe però sono felice di aver usato frasi come non mi sono genuflessa e da te risorgo anch’io>>.  La canzone in questione è Gesù cristo sono io. Nessuna blasfemia, ma un’ipotesi di fuga dalla croce. Liberarsi da un carnefice che si ama può essere davvero impresa titanica da compiere ma anche da raccontare in una canzone.

Santa Rosalia, ovvero l’omosessualità spiegata ad  un bambino, è invece una trasognata ballad “Rosa o blu dai un bacio a chi vuoti tu, mostrati per quello che sei ..osa tu”. Pezzo di me, scritta e interpretata con il suo mentore e amico Max Gazzè ride delle sue stesse parole, cantantela e sorridete, diventerete sicuramente più indulgenti con le vostre stesse incomprensioni “un giorno tocchi il cielo e l’altro nel cesso..” e forse penserete anche voi che “goccioli charme e non mi va di infradiciarmi l’anima” sia dedicata proprio alla legittima proprietaria del disco o alle Mille me che vi coabitano.               Niente di ermetico o impenetrabile, anzi. Quadri scrutabili e un vagone di (auto)ironia. <<Andrei a Sanremo e mi piacerebbe che Pippo dicesse l’ho inventata io>> e sul paragone che aleggia da anni con Carmen Consoli non è affatto evasiva <<Lei è unica e inarrivabile. Il fatto che sia siciliana e scriva canzoni spigolose però non è sufficiente ad accostarci, anche se ne sono onorata>>

Per arrivare a un disco in cui finalmente si scomponesse già dalla copertina Levante ha dovuto passare anche dalla scrittura di un libro, il romanzo Se non ti vedo non esisti, pubblicato da Rizzoli e riportare al centro la vita dei giorni, quella noiosa, dolorosa, divertente, banale e piena di lacrime e sudore. Non a caso il brano che ha anticipato l’album, Non me ne frega niente,  stigmatizza con leggiadro sarcasmo quel che siamo diventati “JE SUIS PARIS ma in piazza scendo soltanto per il cane, non mi vogliate male ho sempre poco tempo per lottare senza il modem”.                                                                   Di questo disco dovrete concedervi tutto, anche e soprattutto i ringraziamenti finali dove si scoprono anche i tratti più nascosti della sua umanità. Che il 2017 sia o no l’anno della sua consacrazione, Levante si conferma una fuoriclasse e fuori soprattutto da ogni schema. Se vi rassicura definirla pop fate pure, io ci vedo musica d’autore e mi perdonino quelli che se canti con J-Ax e Fedez e metti la testa appena fuori dalla nicchia, perdi di valore. I leoni da tastiera, appunto, ma di loro non me ne frega niente.

Paola Gallo©

 

 

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