PRIMO MAGGIO 2018:
Basta oppio, torni la “religione”

Milano, 1 maggio 2018

Forse oggi la vera rivoluzione sarebbe abbassare i toni, cambiare i titoli, provare a guardare le cose senza aspettarsi in cambio voti, like, visibilità. Credere in un progetto, nel bene che può produrre e portarlo avanti. Scrivere per raccontare i fatti cercando di rispettare la verità e non solo per essere applauditi. Una volta il giornalismo era un lavoro scomodo, curava il potere come un cane da guardia. Oggi vedo scarso interesse per la fatica e si moltiplicano sempre di più (anche in politica, e la cosa è oltremodo preoccupante) i soggetti criticanti che si limitano a detrarre senza un briciolo di proposta e sobillano a vuoto, come nella miglior tradizione delle faide medievali. Ci si ritrova in Tv e sui social e si combatte. E vince chi colpisce più forte, chissenefrega della ragione, riposi in pace l’illuminismo.

Nel primo maggio che festeggia il lavoro, la sicurezza, il diritto, forse dovremmo riaccendere la luce sullo studio, la coerenza e la tutela. Non si può chiedere ad un giornalista di rischiare in prima persona per 3 euro lorde ad articolo. Abbassare i toni per alzare l’attenzione sulla concretezza dei problemi. Oggi l’oppio per i popoli è ovunque, ma manca invece una “religione”, un giudizio condiviso, un senso comune della verità, appunto.

In questa grande confusione un plauso va agli amici del primo maggio di Taranto che sulle piaghe di una situazione lavorativa come quella dell’Ilva mettono in piedi un concerto nitido, severo, un po’ più complicato del fratello grande di Roma che ormai strizza l’occhio a destra e a manca e ha perso un po’ della sua identità sociale. Forse sono troppo severa ma anche per il Concerto del primo maggio vorrei canzoni a tema, che mi facciano riflettere, antipatiche, noiose, con pochi clic ma a tema. E per questo ne scelgo due per voi. Una è di Caparezza e si intitola Eroe (Storia di Luigi delle Bicocche) e l’altra è di Edoardo Bennato e si intitola La Fata perché per noi donne la parità (e non solo nel lavoro) è ancora una meta troppo lontana e “se vuoi volare ti tirano giù“.

Ringraziando chi ancora ogni giorno usa tutto il suo buonsenso per aiutarmi a capire, a chi lavora, a chi  fa un passo verso di me, voglio augurare a tutti noi giorni di bonaccia in cui tornare a parlare con la volontà di comunicare. Viva la rivoluzione. Viva i piccoli passi nascosti nell’ombra dell’amore per gli altri. 

Paola Gallo©

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