LA RIVOLUZIONE di ENRICO RUGGERI

Milano, 18 marzo 2022

Ho ritrovato Enrico Ruggeri ascoltando La Rivoluzione, uno dei dischi più necessari (e non solo per lui) che abbia mai scritto. E sia chiaro che spesso i suoi pensieri non coincidono con i miei, ma la lucidità delle sue analisi mi ha sempre affascinato. Enrico Ruggeri è maestro di parole e sa piazzarle e spiazzare chi pensava di averlo “inquadrato”.  E non fa sconti, sa essere antipatico se serve, ma “siamo sempre schierati, siamo tifosi e soldati” dice ne La Rivoluzione title track che mette a fuoco il passaggio dall’adolescenza all’età adulta,
con uno sguardo affettuoso per una generazione che non si sa bene se abbia vinto o perso: “Siamo VITTIME E COLPEVOLI, sono stato cattivo e mille volte mi hanno ucciso… ho fatto molti gesti di pietà ma non ho perdonato“. Ruggeri si conferma in questo disco un portatore sano di idee e verità talvolta scomode. In Magna Charta, prologo del disco, recita: “Credevamo in noi stessi, credevamo negli altri, a volte ci hanno smentito, spesso  non ci sbagliavamo. Siamo stati in guerra e ci è piaciuto“.

I Decibel – ricorda durante la presentazione del disco – sono stati la prima punk band italiana (nel 2004 in Punk prima di te, reincide i sei ottavi del primo album dei Decibel insieme a cover di brani punk e rock anni settanta di David Bowie, Lou Reed, Sex Pistols, Ramones) e Mistero la prima canzone rock a vincere Sanremo, con buona pace dei Maneskin (n.d.r.). In un disco che sembra davvero uno sguardo profondo, compiaciuto e autobiografico su quel che una vita può significare, Enrico Ruggeri commuove senza lacrime e racconta una generazione che ha affrontato anni di grandi cambiamenti sociali e culturali, gonfia di ricchezze e di grandi delusioni. “La vita è una strada per niente facile ed ogni occasione non torna più ma finchè il cuore batte ancora anche un’ora può bastare per andare” sembra la frase pulsante di questo progetto, in una canzone condivisa con Francesco Bianconi: Che ne sarà di noi.

Non sparate sul cantante è invece la metaforica cavalcata sul ruolo dell’artista nel mondo di oggi: “La folla riempiva il locale…si accesero piccoli fari su un uomo in camicia scura che aspetta che l’altro gli spari ma non mostra paura“. E poi racconnti interiori di dolore e perdita Parte di me e Alessandro, la storia vera di un amico costretto a una non vita da una terribile malattia. Con Gladiatore è di nuovo rock, Glam bang con Silvio Capeccia  rispolvera invece il suono “fondato” 50 anni fa (1972) con  gli Champagne Molotov, prima dei Decibel.

Ma la vera ragion d’essere di questo disco sta racchiusa nel suo finale. La mia libertà è una di quelle canzoni che appartiene allo stile letterario di Ruggeri, a quei ritratti indelebili che vanno da Trans a Il fantasista, passando per Gimondi e il Cannibale o Il Funambolo e che questa volta hanno messo gli occhi dentro lo specchio: “Non mi va più di combattere battaglie disperate e dissimulare un’idea non mia. La mia libertà sarà restare solo…“. Rock e ballate, ma soprattutto parole che tagliano come la carta, insidiose e lucenti. La Rivoluzione come detto in apertura è un disco necessario, così come ho riferito a Enrico Ruggeri all’inizio dell’incontro con la stampa. ED ECCO LA SUA RISPOSTA. 

 

Paola Gallo

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