Giovanni Truppi live a Milano.
La recensione di Filippo, un ventenne atipico.

Milano, 31 maggio 2022

E tu sei come una nazione di sole: le note di Quando ridi, uno dei pezzi più dolci e commoventi di Poesia e Civiltà (2019), risuonano intime piano e voce nell’auditorium di Milano, in un bis chiamato a gran voce dal pubblico, quando buona parte della platea aveva già lasciato la sala. Così si è conclusa la serie di tre concerti nei teatri, per raccontare Tutto l’universo, raccolta uscita a febbraio dopo l’esperienza sanremese di Giovanni Truppi e che ripercorre 10 anni di musica, preludio al tour estivo in partenza il 12 Giugno da Cremona, che toccherà tutta l’Italia in 16 date.

A suo agio nei frequenti cambi tra chitarra acustica, elettrica e un pianoforte in legno smontabile, costruito interamente da lui stesso qualche anno fa e amplificato tramite una serie di pick up, Giovanni Truppi ha portato per due ore il pubblico alla scoperta e alla celebrazione del suo mondo. Un universo fatto di voracità, filosofia, Napoli, Roma, riff, a tratti disperazione, ma sempre sdrammatizzato da una sincera e spudorata ironia.

Giovanni Truppi entra sul palco da solo, imbraccia la chitarra acustica e inizia con Conversazione con Marco sui destini dell’umanità, un crescendo di parole veloci, incalzanti e soprattutto terribilmente attuali su “la libertà che è stata lo spauracchio di tutte le tirannie nei secoli adesso non fa più paura ma fa soldi” e che ai cattivi forse la situazione è sfuggita di mano, e pure Google, la BCE e la Regina Elisabetta sono sinceramente spaventati e non sanno più che fare.

Segue, sempre in un solitario dialogo con la chitarra, Respiro, brano tratto da C’è un me dentro di me, primo disco del cantautore che a oggi non è presente nelle piattaforme di streaming (e che, nello specifico, vale un giro su Youtube, dove è presente il videoclip girato dallo stesso Truppi e da Francesco Lettieri).

Su 19 Gennaio, canzone d’amore e disamore insieme, entra la batteria (ma non il basso), e tra il pubblico si inizia a vedere qualche mano alzata, e qualche voce che inizia timidamente ad accompagnarne il testo scandito dalla cassa in battere. Truppi dice che non parla mai ai concerti, che in questo tour ci sta provando, ma che teme possa diventare un supplizio per sé e per gli altri (e infatti, le parole saranno molto rade).

La band al completo con chitarra acustica, basso, tastiere, seconda voce e quelli che qualche esponente indie chiamerebbe “suonini” entra su Il mondo è come te lo metti in testa, memorabile title track del suo secondo disco. E rimane per Come una cacca secca, uno dei pezzi più folli e geniali del repertorio, dove Truppi ammette che, senza alcuni piaceri effimeri, l’unica cosa che gli rimane è suonare.  La scaletta scorre tra Mia (cantata nella tonalità di Calcutta), Borghesia, Conoscersi in una situazione di difficoltà, fino ad arrivare a L’unica oltre l’amore, iniziata alla chitarra e finita al piano tra i giochi ipnotici e abbaglianti di luce, i riff incalzanti di chitarra e i vocalizzi di un’ineccepibile Nicoletta Nardi alle tastiere e alla seconda voce.

Il concerto procede rock e a tratti punk, tra l’esilarante Hai messo incinta una scema, su cui il pubblico ride di gusto, Superman, i giochi in falsetto su Nessuno eLa Domenica, con l’intermezzo nostalgico e fraterno di Amici nello spazio, per arrivare poi a Stai andando bene Giovanni che ci ricorda che gli ultimi metri di corsa sono i più difficili, e che la pipì si sente di più proprio quando stai per arrivare nel bagno. Ancora una volta, le luci, rosse per l’occasione, accompagnano le produzioni fedeli e maestose dei pezzi.

Prima della fine, arriva la filosofia: Giovanni Truppi cita Jung e il suo modo di prendere le storie di persone qualsiasi e trasformarle in condizioni umane, per presentare Adamo, altro pezzo di un rappresentassimo Poesia e Civiltà. Si ritira poi al piano per Scomparire, drammatico e struggente pezzo sull’anoressia e sulle malattie psicologiche spesso trascurate da chi non le sperimenta in prima persona e relegate a pazzia. Ed è qui che entra il primo ospite, Antonio Diodato, che canta la seconda strofa e armonizza su e ora che abbiamo capito che siamo soltanto richieste di aiuto, forse la verità più cruda e necessaria di tutto il repertorio di Giovanni Truppi, regalando un momento di tensione emotiva palpabile e quasi spaventosa. L’ultimo pezzo in scaletta è la sanremese Tuo padre, mia madre Lucia e al termine la band lascia il palco tra gli applausi lunghi e sinceri del pubblico in sala.

Nel primo encore, a sorpresa, entra Brunori che come un diapason canta Procreare, uno dei due inediti di 5, EP in cui ad ogni canzone corrisponde un fumetto illustrato da un artista ogni volta diverso. Su Pirati e Tutto l’Universo, in dialogo ancora una volta con Nicoletta Nardi, il pubblico si alza tutto in piedi e il concerto sembra essere a tutti gli effetti concluso. Con la sala a mezza capienza, acclamato dai classici “fuori, fuori” e da qualche più timido “se non canti l’ultima, noi non ce ne andiamo”, Truppi torna sul palco, e solo al piano regala al pubblico una versione domestica, intima e onirica di Quando ridi, scatenando una seconda e più che mai meritata standing ovation.

Di Giovanni Truppi, colpiscono l’intonazione impeccabile, il senso di disagio quando deve parlare o guardare negli occhi il pubblico e il rapporto personale e quasi mistico che instaura con gli strumenti che via via suona. La retrospettiva di questi 10 anni di carriera appare coerente e lascia impazienti di sapere che cosa succederà dopo. Certo, Giovanni Truppi non è un artista da ritornelli martellanti, da hook infiniti che prendono il cervello, da strofa-ritornello-strofa-ritornello-bridge-ritornello. E’un’anima complessa da scandagliare nel profondo. Ma vedere il suo coraggio di mostrarsi così e la prontezza del pubblico nell’accoglierlo fa pensare che c’è speranza di sopravvivere anche quest’estate alle danze kuduro.

Filippo Colombo

 

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