VINICIO CAPOSSELLA:
Tredici canzoni urgenti
Una rivoluzione con poche allegorie

Milano, 18 aprile 2023

Vinicio Capossela racconta Tredici canzoni urgenti, il suo nuovo album in uscita venerdì, confermando la sensazione che quando i tempi sono particolarmente bui è necessario recuperare il rapporto con il reale e affrontare le urgenze vere che affliggono la società umana. A partire dalle canzoni che aprono la tracklist: Il bene rifugio, All you can eat e La parte del torto è evidente che una delle urgenze sia allontanarsi un po’ dall’allegoria e soprattutto ridare valore alle parole il cui significato autentico ci è evidentemente sfuggito un po’ di mano: “E’ esattamente così – mi risponde Capossela – pur rimanendo l’uso dell’allegoria e della poesia delle immagini, perchè altrimenti leggeremmo dei comunicati stampa,  è chiaro che l’attualità richiedeva questo. Parole che usavamo fino a ieri ed anche il loro valore vengono spesso messi in discussione. Basti pensare al termine  libertà usato in maniera impropria anche da alcuni partiti. Non esiste il concetto di libertà senza responsabilità verso l’altro eppure in molti ne stravolgono il significato originale. E così anche con episodi del passato come la resistenza o le guerre civili. Anche la stessa frase di Brecht Ci sedemmo dalla parte del torto…che originariamente parlava di chi doveva lottare per la giustizia e la libertà sovvertendo il sistema borghese in contrapposizione ai posti buoni occupati dai ricchi che detenevano capitale e potere, è stata recentemente citata dal presidente del consiglio nel momento in cui sfiduciava il governo Draghi, ed io mi sono sentito definitivamente derubato del suo significato autentico. Ci sono linee che vanno ridefinite, altrimenti passa il concetto che vale tutto, invece non è così. E come diceva Gramsci Odio gli indifferenti, anche se trovo più detestabili i creatori di indifferenza“.

Altra canzone che non ammette fraintendimenti e ribadisce il concetto di resistenza è Staffette in bicicletta che, in forma di filastrocca circondata dal suono degli archi e dal pianoforte, con la partecipazione di MaraRedeghieri, celebra il lato più umano della Resistenza, la componente femminile fatta di quelle donne che tenevano in vita la linea del fronte fornendo cibo, vestiti, assistenza logistica ma soprattutto calore umano. Il più celebre dei canti partigiani viene parafrasato da Margherita Vicario nell’incipit de La cattiva educazione, canzone che ci riporta a un’altra guerra di sopraffazione, compiuta spesso fra le mura domestiche e generata da una cultura tossica, patriarcale, misogina che ha trasformato l’amore in uso e abuso della sessualità, del corpo, della violenza e del possesso. E probabilmente una cattiva educazione contribuisce anche a quella delega all’intrattenimento digitale che gli adulti operano verso i bambini così come documentata nella solarità dei ritmi caraibici di Cha cha chaf della pozzanghera intrisi della malinconia per la perdita della fisicità che accompagna l’infanzia delle ultime generazioni, chiamate a conoscere il mondo più per interposizione tecnologica che per esperienza diretta.

Ascoltando questo disco che contiene molti strumenti musicali, musicisti e ospiti, e che alterna ballate, waltz e cha cha cha, si percepisce chiaramente tutta l’urgenza del titolo. Il bisogno  di interpretare e dare voce ai problemi più stringenti del momento storico che stiamo vivendo dalla violenza di genere alla cattiva educazione alle emozioni passando per l’abbandono scolastico, la delega da parte degli adulti all’intrattenimento digitale in cui versa l’infanzia, la cultura usata come mezzo di separazione sociale, il carcere inteso come reclusione senza rieducazione, la psicosi consumistica generata dal capitalismo predatorio. Un campionario di mali che abbiamo quotidianamente davanti ai nostri occhi ma che  non riusciamo più a vedere, a sentire, rischiando di rimanere seduti Sul divano occidentale (feat. Bunna, Sir Oliver Skardy, Raiz) illusi di essere in salvo anche se sfiniti da allarmi creati ad arte che ci fanno cadere esanimi aspettando la consegna del cibo a domicilio. E invece dovremmo riscoprire il potere dell’immaginazione e fare ogni cosa Con i tasti che ci abbiamo, titolo della canzone che chiude il disco: da quello che c’è in cucina al pianeta che abbiamo a disposizione, fare con ciò che si ha e non con quello che si desidererebbe avere, confrontandosi con la finitezza delle cose e intravedendo una possibilità in ogni limite. Di questo disco che il 20 aprile verrà presentato live al Conservatorio di Milano ringrazio Vinicio Capossela, perchè ha deciso di provare a sovvertire il tacito e soporifero assenso delle nostre coscienze. Se qualcosa non va, bisogna urlarlo forte e Capossela ce lo ha ricordato.

Paola Gallo©

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